Djenné, questo piccolo comune del Mali dichiarato patrimonio dell’umanità nel 1988 dall’UNESCO e il cui nome significa “ città di fango” per il materiale di cui sono costituiti i mattoni dei suoi edifici, è uno dei più antichi di tutta l’Africa sub-sahariana.
Fu fondata nel 300 dalla popolazione africana dei Bozo a 1,500 chilometri dal fiume Bani per poi venire spostata nel sito attuale nel 1040 quando fu convertita all’Islam.
La sua importanza come centro commerciale di sviluppò rapidamente ed entrò in concorrenza con città più grandi come Timbuktu.
Ha sempre cercato di mantenere l’indipendenza dal Mali che tentò, secondo la leggenda, almeno 99 volte di conquistarla per poi desistere. Le sue alte mura e la posizione la rendono un luogo perfettamente isolato e difendibile. Le prime conquista della città avvennero nel 1453 quando arrivò l’impero Songhai e anche qui si narra che l’assedio fu lungo e difficile, sette mesi e sette giorni ci vollero prima che la città capitolasse.
Fu poi il Marocco che prese in mano Djennè distruggendo il precedente impero Songhai. Con l’influenza marocchina, la città diventò un importante centro commerciale e culturale. Dalla fine del ‘600 alla fine del ‘800 la città fu conquistata diverse volte per venire poi presa definitivamente dai francesi nel 1893 anno in cui cominciò a declinare il commercio e di conseguenza il prestigio e l’importanza di Djenné. I suoi edifici in fango sono la sua caratteristica principale. Tra tutti spicca la Grande moschea simbolo della città.
Sito archeologico di Djenné-Jeno
La città antica di Djenné comprende ben quattro siti archeologici, Djenné-Jeno, Hambarkétolo, Kaniana e Tonomba e conta circa 2.000 case intatte. In particolare quello di Djenné-Jeno, il più importante, rinvenuto da parte i Susan e Roderick McIntosh, è stato fatto risalire al III secolo a.C. Le case originariamente fatte di fango (così come tutte le case del Mali) vennero rinforzate con mattoni cilindrici, una grande innovazione per il tempo.
Gli abitanti di questi luoghi provvedevano al loro sostentamento principalmente attraverso l’agricoltura e furono i primi di tutto il continente africano ad avviare la coltivazione del riso. Avevano anche una loro particolare lavorazione del ferro e famose ancora oggi sono le loro statuette di terracotta.
la Grande Moschea
La Grande Moschea, posta al centro della città di Djanné, fu costruita sui resti di un edificio precedente nel 1240 e venne demolita e ricostruita più volte nel corso dei secoli fino ad ottenere l’aspetto attuale.
E’ fatta in adobe (argilla, sabbia e paglia) l’impasto tipico degli edifici di queste zone del Mali ed è il più grande edificio al mondo in questo materiale. L’UNESCO l’ha inserita dell’elenco dei patrimoni dell’umanità nel 1988. Oltre ad essere una moschea era anche un grosso centro per l’insegnamento islamico, uno di più importanti dell’Africa Medievale.
Fu successivamente fatta demolire da Amodou Lobbo, il conquistatore di Djenne per quasi tutto l’800. Di quell’edificio rimangono solo le tombe dei capi locali sepolti e un piccolo recinto con alcuni resti. Fu però ricostruita identica all’edificio originale nel 1896. Nuovamente demolita, fu poi ricostruita definitivamente nel 1906. Questo avvenne sotto il governo coloniale francese che contribuì economicamente in maniera consistente alla ricostruzione.
Per scampare al pericolo delle inondazioni annuali del fiume Bani, il basamento dell’edificio è stato sopraelevato su una piattaforma. E’ di pianta quadrata e ha un’altezza massima di 20 metri. Ogni suo lato misura 75 metri e il tetto è sostenuto da ben 90 pilastri. I suoi muri sono molto spessi circa 60 centimetri.
La sua forma leggermente arrotondata è data dal materiale con cui è fatta , principalmente terra cruda, mentre l’aspetto a “istrice” è dato dalla presenza di molti rami di palme piantate sui lati della moschea utilizati per assorbire le piccole fessure che si vengono continuamente a formare a causa dei cambiamenti di temperatura.
L’interno dell’edificio rimane termicamente isolato dal caldo. Comprende due sale di preghiera e può ospitare fino a 1000 fedeli.
La moschea necessita di lavori di manutenzione continui a causa delle piogge, dei cambiamenti bruschi di temperatura e del vento che ne causano continue crepe. E’ la comunità stessa di Djenné che si occupa della manutenzione eseguita con metodi tradizionali e a ritmo di musica. Viene creato un intonaco nuovo con cui verranno ricoperte le pareti sottostanti.
E’ un lavoro che davvero impiega tutta la comunità, dalle donne che si occupano di portare l’acqua per mescolare l’intonaco, ai bambini che lo mantengono denso giocandoci dentro e infine gli uomini che si occupano di rivestire l’edificio con il materiale nuovo. Posto d’onore agli anziani della città che, avendo già preso parte per una vita intera a questo lavoro, possono riposare e guardare da lontano.